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OPEN CALL – CARPI FOTO FEST 2022 Focus Giovani

Confini come limiti. Limiti fisici di territori, regioni geografiche, stati, zone di transizione dove scompaiono le caratteristiche individuanti di una regione e iniziano quelle differenzianti. Confini come frontiere, che separano, dividono, una linea terminale o divisoria: il confine tra due stati.

I confini possono essere naturali quando si identificano con linee presenti in natura come coste, crinali, fiumi. O possono essere artificiali, fissati dall’essere umano per rispondere a criteri diversi. Ad esempio, i confini politici, stabiliti secondo principi convenzionali dai governi per separare due organismi con organizzazioni politiche distinte tramite una linea (di confine).

Il confine è l’indicazione di un limite astratto: il confine tra la vita e la morte, i confini della scienza. I confini sono spaziali (la porta di una casa, le mura di una città, le frontiere di uno stato) e temporali (la fine di un’epoca, la fine del giorno, il termine della vita), metaforici (quelli dell’anima, per esempio) e altri legati alla sfera politica e religiosa.

Confine è la divaricazione primordiale tra Cielo e Terra a partire dal Caos originario, dalla primitiva voragine in cui tutto era indistinto. Se non fossero stati definiti quei limiti nulla sarebbe stato creato e nulla avrebbe avuto un nome e un’identità riconoscibili. Il limite è quindi l’elemento che dà ordine al mondo ma anche lo strumento che l’essere umano si è dato per addomesticare la propria paura: l’infinito (in greco letteralmente “il senza confine”) da sempre attrae e atterrisce per la sua immensità, per la minaccia di quella voragine oscura da cui tutto proviene e in cui tutto sembra poter ritornare.

I limiti possono essere negativi se percepiti come insuperabili o positivi se visti come una meta da raggiungere, un obiettivo da conseguire: il confine sembra esistere solo per essere valicato. Tracciare un limite significa sempre arginare la propria paura dell’ignoto, ma anche la propria brama di infinito. Il confine esiste allora come definizione mobile, flessibile, sempre superabile, un orizzonte che cerchiamo di raggiungere e che si sposta sempre in avanti, ma mentre tentiamo di avvicinarci il nostro punto di vista cambia e l’orizzonte si fa dinamico.

Confini come linea di demarcazione che disgiunge ma, contemporaneamente, come linea di contiguità o punto di contatto tra culture, possibilità, opportunità. Fissare un confine significa, infatti, anche riconoscere una differenza, consacrare l’esistenza di un’alterità attraverso la regolamentazione del rapporto con essa.

I confini devono essere protetti ma inevitabilmente vengono sempre superati. Nell’etimologia latina del confine questa accezione è evocata da limen/limes, limite, frontiera, ma anche soglia, ingresso: termini accomunati dalla presenza di una linea di demarcazione che stabilisce un rapporto di inclusione/esclusione tra gli elementi interni e quelli esterni ad essa. Chiunque incontri una soglia sul proprio cammino non può restare indifferente perché la sua presenza impone una decisione: si può scegliere di restare sulla soglia, accontentandosi di una conoscenza superficiale di persone e cose al di là della soglia, oppure si può scegliere di varcarla per fare esperienza viva del mistero che si spalanca al di là di essa. Il confine è sempre delimitato, ma insieme aperto: porta in sé l’idea del limite e della differenza, dell’alterità e del passaggio come tramite tra dentro e fuori, tra noto e ignoto. Non è una porta serrata, ma un varco da attraversare con una buona guida.