A partire dall’inaugurazione, che avverrà sabato 11 maggio 2024 alle ore 10, presso la Sala dei Cervi del Palazzo dei Pio di Carpi, sarà possibile vedere le opere in mostra di cui si riporta qui un’immagine e la sinossi del progetto.
Istituto Comprensivo San Giovanni Bosco, Campogalliano (MO)

TOTEM E TABÙ, COME…
Fare una fotografia significa raccontare una storia. Attraverso i dettagli, l’immaginazione, le prospettive, la luce, e così via. Il soggetto della foto diventa un ponte universale, in grado di aprire più strade e di creare più chiavi di lettura: quella di chi fa la foto e quella di chi la guarda. Ed è per questo che è un atto completo e creativo, che può permettere di raccontarsi, di immaginarsi e di sognare.
In questo laboratorio si è pensato di narrare la storia dei termini TOTEM, identificato come un IDOLO, e di TABU’ partendo da ciò che questi termini suscita in ognuno di noi, trovando, forse, più facile rappresentare, dare vita, ad un idolo visto come un personaggio da imitare o da emulare, permettendo di immedesimarsi negli idoli da sempre sognati, giovani e famosi: cantante, sportivo, influencer, ecc..
Liceo Statale E. MEDI, Senigallia (AN)
CORSO DI REALIZZAZIONE RACCONTO FOTOGRAFICO SU FANZINE
Temi: Fuori e Dentro – Totem e Tabù
Riprendendo l’idea iniziale dello scorso anno si è mantenuto lo stimolo di creare un laboratorio di fotografia che avesse come obbiettivo la realizzazione di storie per immagini secondo i temi proposti e scelti dai ragazzi che in seguito hanno editato e impaginato le immagini realizzando una fanzine per gruppo.
La partecipazione attiva dei ragazzi, molto più numerosi, ma sempre attenti e propositivi ha favorito il crearsi di un ambiente proficuo in cui ogni alunno ha contribuito con le proprie immagini alla nascita delle storie che ora potete vedere concretizzate nelle Fanzine collettive esposte in mostra insieme agli scatti più significativi degli alunni.
Elenco partecipanti
Appolloni Beatrice, Barbetti Giulio, Battestini Francesco, Berardinelli Sofia, Bontempo Milena, Bouhadja Ikram, Cocchi Alessandro, Coluccelli Giuseppe, Corinaldesi Veronica, Cuicchi Cecilia, Dolcimele Anna, David Christian, Frattesi Viola, Giacomelli Beatrice, Giovanetti Irene, Gordini Sofia, Kovalyk Yuliia, Leopoldi Nicola, Mosca Raffaele, Mossuto Diletta, Negoi Giulia, Palermo Gloria, Pandolfi Vittoria, Pajalunga Leonardo, Petrolati Daniele, Pettinelli Emma, Pistelli Beatrice, Pupita Leonardo, Rondine Matilda,Sperati Sebastiano, Venti Bianca Maria, Zannotti Alessia.

Istituto Superiore ANTONIO MEUCCI, Carpi (MO)

LO SCHIAFFO
Parlare di violenza sulle donne oggi è normale, è urlato ma purtroppo è ancora uno dei più grandi tabù per chi lo vive. Se poi viene associato al pregiudizio che a fare violenza sulle donne sia generalmente uno straniero troviamo tutta la delicatezza possibile nel trattare il tema, un parlarne sottovoce per non disturbare, per non essere invadenti o addirittura scontati. Ed ecco come raccontare questo attraverso le fotografie perché a volte non tutti sanno leggere ciò che viene scritto sulla pelle. Perché “Medusa” non sia solo Medusa ma un promemoria per rimanere forti e resistenti di fronte alle avversità.
Junior Biagio MORMILE – TALENT SCOUT
DOVERE DI NASCITA
Sono Junior Biagio Mormile, ho 27 anni e da qualche tempo mi domando come mai maschi e femmine sono trattati così diversamente esclusivamente per un semplice fattore biologico. Totem e tabù è stato, infatti, il progetto adatto per far emergere questa mia ricerca attraverso la fotografia.
Ho deciso di portare a galla, con la realizzazione di 5 coppie di fotografie, temi e questioni sulle quali mi interrogo.
Da un lato 5 foto considerate TOTEM, cioè la “normalità” (se così si può chiamare), dall’altro quelle considerate ancora un TABÙ, come per esempio il ruolo in casa stabilito a priori per quello che io chiamo “dovere di nascita”, o ancora nelle professioni pregiudicate anche dall’estetica e dalla percezione di essa, infine i tabù della sessualità e della estroversione.
Insomma, pensiamo di vivere in un mondo caratterizzato da un’umanità libera, ma secondo voi, guardando queste coppie di foto, siamo davvero così liberi dai pregiudizi?

Andrea TORCASIO – TALENT SCOUT

IN FONDO A DESTRA
Quando mi perdo ho l’abitudine di ritrovarmi nella mia stanza da bagno. Non è la confessione di uno smemorato, né il percorso di un sonnambulo. È l’algoritmo che la mia testa esegue in automatico quando ho bisogno di me e nessun altro. Nel bagno posso finalmente levarmi di dosso vestiti e costrutti sociali. Stare nudo finalmente e pensare. Senza parlare, solo pensare.
Forse gli errori commessi al di fuori di questa stanza in fondo a destra stanno alla mia vita come questi nei stanno alla mia schiena. A prima vista un pò fastidiosi, ma dopo averli meditati ecco che mi hanno reso quel che sono. Sul marmo intanto vedo distendersi imperiosa una chiazza d’acqua. Quanto vorrei avere la sua spavalderia nel condividere i miei pensieri con gli altri.
A stare però troppo tempo nudo qui in bagno inizio a sentire freddo. Meglio che vada, prima che i nei occupino troppo spazio sulla mia pelle.
Elisa BIANCHI TESTONI
IL MORSO DEL LEONE
Caro Alessandro,
ho deciso di scriverti una lettera.
O forse tante lettere.
Ho letto che “la vita dei malati è una storia di prime volte”. Anche quella di chi gli sta vicino. Ci si sente come un giocoliere, fermo in equilibrio. È sufficiente un soffio di vento, una distrazione per perderlo e cadere a terra. Se sei bravo lo riacquisti subito e torni a sfidare la gravità. Se non lo sei, se non sei pronto a qualsiasi cosa può accaderti intorno, perdi l’equilibrio e cadi a terra. Una volta giù chissà se e come ti rialzi.
Le cicatrici più grosse che ho sul corpo sono state fatte da un leone che mio nonno, il tuo bisnonno, portò a casa quando ero piccola. Giocavo vicino alla sua gabbia e lui con una zampata mi ha trascinata sotto la grata, graffiandomi le gambe.
Vivo da sempre con queste cicatrici e quando qualcuno le vede quasi mi infastidisce la domanda “cosa ti sei fatta?”, perché Ale, come puoi immaginare, alla risposta “mi ha morso un leone” non crede mai nessuno.
Le cicatrici sulla nostra pelle sono segni evidenti di traumi, ferite che con il tempo guariscono. Diventano una nuova pelle, una storia da raccontare.
Le ferite esterne si rimarginano.
Quelle interne ti fanno marcire dentro.
Chi baderà a te quando io non ci sarò più?
Quando non ci sarò, te ne accorgerai?

Camilla CALATO

‘NCANTESIMO
Sono nata una mattina di maggio in un ospedale di Sondrio: tra i fiori, la natura, il clima che iniziava finalmente a farsi mite. Tutto sembrava adattarsi perfettamente, a partire dal nome dell’ospedale: San Camillo. Un segno, no?
Ho vissuto nel Nord Italia per 25 anni, una vita. La mia vita. Tra elementari, medie, liceo, università ho cercato di trovare il mio posto. Non mi sono mai sentita a casa. Non completamente. Non ho mai fatto mie le tradizioni, gli usi, la cucina. Sono sempre stata “la napoletana” per i miei amici, la “bambina abbronzata tutto l’anno” per le mie compagne di danza, “la riccia” per i ragazzi che frequentavo.
E in effetti mi sentivo così; diversa.
Un senso di non-appartenenza strano, che si dissolveva come per magia quando tornavo a Napoli, la città dei miei genitori e di tutto il resto della mia famiglia. “Puff”, di colpo capivo le frasi in dialetto degli anziani per strada, rivedevo sui visi delle ragazze gli stessi occhi scuri, la pelle olivastra contornata da folti ricci.
Respiravo arte, cultura, vivacità.
Aria di casa.
Passeggiavo e mi sembrava di riconoscere in ogni volto la mia gente, le mie strade, i posti di quand’ero bambina, le note struggenti di una fisarmonica suonata per le vite, le risate dei bambini in Villa Comunale, i racconti di mio nonno dei tempi passati.
L’allegria. Quella del mandolino, di uno scherzo improvviso, di un consiglio non richiesto. Il calore. Del sole, della gente, capace di addolcire anche l’animo più duro.
La forza. Del mare che custodisce questa città e di un popolo che si è rialzato tante volte.
L’amore. Quello che lì non manca mai, quello che mi fa sentire a casa in qualsiasi parte del mondo.
‘Ncantesimo è un progetto di collage realizzato nel 2023. Una finestra in epoche passate, uno specchio della realtà di oggi. Un omaggio alla mia amata Napoli e alla sua gente. oggi. Un omaggio alla mia amata Napoli e alla sua gente
Marina DE PANFILIS
BRÌ
Brì, nasce da un momento difficile della mia vita ed è dedicato a mia madre Brigida dalla quale prende il nome e a tutte le persone che sono state sottoposte a interventi chirurgici nella loro vita. L’unico desiderio di mia madre dopo i vari interventi era: tornare a respirare normalmente e uscire dall’ ospedale. Arriva poi il momento di guardarsi allo specchio e fare i conti con il proprio corpo segnato da cicatrici ed è qui che dimentichi i desideri che avevi poco prima. Che cos’è un taglio? È una cicatrice che rimane indelebile, porta dietro il ricordo e la sofferenza ma rende visibile una via di uscita. È una medaglia, è un elemento da mostrare, che assume il significato di una rinascita, un nuovo inizio.
Brì mira a esaltare e valorizzare le cicatrici ed i tagli che purtroppo, i corpi sono costretti ad affrontare nel corso della propria vita. In Brì, la cicatrice è vista come segno naturale ed è paragonata ai segni naturali degli elementi che esistono, appunto, in natura. Ho ricercato alcuni di questi elementi e li ho impressi su lastrine di das, provocando dei segni simili a cicatrici, ho sovrapposto a queste lastrine le immagini di un corpo già segnato che veniva impresso tramite la tecnica di stampa chiamata cianotipia. La realizzazione di questo progetto è divisa in varie fasi, ogni fase è sperimentale in quanto non esistono fonti o spiegazioni sui passaggi precisi da attuare.
La modalità̀ che ho scelto per sviluppato il mio progetto, la scelta del supporto di stampa e tutti i passaggi eseguiti sono stati funzionali alla mia narrazione per esprimere il concetto che ne è alla base e cioè̀: l’accettazione del corpo a prescindere dallo stato esteriore in quanto anch’esso in continuo mutamento e segnato naturalmente dal trascorrere del tempo e dal proprio vissuto. Stampare su das e in cianotipia rende le lastrine uniche e irripetibili. Il das è un materiale fragile come è fragile il corpo umano, costretto anch’esso per natura a cambiare con il tempo.

Annalia ESPOSITO

COSTELLAZIONI INTERIORI
Sovente mi accade di perdermi tra un pensiero una sensazione, come se corpo e mente divagassero in spazi infiniti e misteriosi e poi, improvvisamente, questi diventano luminosi, come stelle distanti e fluttuanti nello spazio immenso di questo mondo, stelle scintillanti come costellazioni sospese nel vuoto, per poi accorgermi che invece sono dentro di me: questi pensieri, queste stelle, queste costellazioni sono dentro di me, nella mia anima vagante, nella profondità più intima e segreta del mio essere.
La mia pelle è una storia e mi accade a volte che queste costellazioni mi rimbalzino nella mente, affiorino sulla pelle, come fiori delicati, a volte appena sbocciati, altre volte appassiti e secchi, la mia interiorità si racconta: le mie costellazioni interiori
Alberto FRISINGHELLO
NEFRITE
In un mondo sempre più veloce, la mia macchina fotografica diventa uno scudo contro questa frenesia implacabile. “Nefrite” non è solo un progetto fotografico personale, ma un tentativo di esplorare valori ed emozioni universali attraverso la mia lente. In un mondo così veloce, rallentare per osservare appieno ciò che ci circonda diventa un atto di trasgressione. Mostrare le debolezze umane e l’imperfezione diventa un atto di ribellione contro una cultura che ambisce sempre alla perfezione. Ma cosa succede quando ci fermiamo per guardare dentro noi stessi e ci confrontiamo con le nostre imperfezioni? Non è forse questo il tabù più grande della società odierna?

Melissa GENTILI

LIBERE
De Andrè cantava:
“Signora libertà […] t’ho incrociata alla stazione
che seguivi il tuo profumo
presa in trappola da un tailleur grigio fumo.
I giornali in una mano e nell’altra il tuo destino…”
Per chi parla di Libertà, per chi si sente in gabbia, per chi ha deciso di volersi bene e a partire da questo Libera. Per chi la Libertà la cerca, ma allo stesso tempo la teme.
Sofia LOMBARDI
ILLUSION
Realtà o illusione?
Perché sono qui?
Dove mi trovo?
La realtà che conoscevo non è più la stessa.
Io non sono più lo stesso.
Ho superato quel confine che mi rendeva vero e indietro non posso tornare.

Cecilia ROMANO

FISSARE
Il progetto ‘Fissare’ mette alla luce l’idea di Totem e Tabù, concetti che permeano quotidianamente il nostro essere in base a ciò che la società percepisce come giusto collettivamente, e singolarmente come spesso scorretto. Il totem rappresenta l’entità esaltata dalla collettività, che fissa l’immagine che desideriamo proiettare al mondo, mentre il tabù rappresenta ciò che rimane nascosto sotto la superficie: la nudità emotiva di ognuno di noi, che spesso rifiutiamo di accettare
Gabriella ASCARI
THIS IS YOUR VESSEL
“Don’t waste your time. Don’t waste your life’s purpose worrying about your body.
This is your vessel. It’s your house. It’s where you live. There’s no point in judging it. Absolutely no point. But it’s very hard to do.”
— Emma Thompson, 2021
Nella società contemporanea, l’idealizzazione della giovinezza – promossa da media, pubblicità e industria dell’intrattenimento – crea un’immagine irrealistica della femminilità. Tali stereotipi culturali generano una percezione distorta del valore della donna, spesso legata esclusivamente all’aspetto fisico e alla capacità di conformarsi agli standard estetici dominanti. La mancata conformità può essere penalizzante e indurre la donna a sentirsi meno rilevante nella società. È fondamentale sfidare e superare queste percezioni limitanti.

Gianni PAVAROTTI

AUTORITRATTO: RILETTURE FOTOGRAFICHE DI BACON
L’atto di sostituire il soggetto dipinto con la mia immagine vuole sfidare le convenzioni tradizionali dell’arte e dell’autorialità .
L’autoritratto assume un ruolo dominante rispetto all’opera stessa diventando il catalizzatore di una nuova narrazione visiva. Reinterpretare un’icona artistica con la propria immagine vuole suggerire una sorta di profanazione del sacro e quindi una riflessione sui tabù visivi .
In un’epoca in cui le immagini sono facilmente riproducibili e manipolabili, sono messi in discussione i confini tra realtà e rappresentazione, sfidando gli spettatori a interrogarsi sul significato e sull’autenticità delle immagini che incontrano.
